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L’Indonesia verso l’indipendenza

L'occupazone Giapponese


L’occupazione giapponese segnò l’indipendenza dell’Indonesia. I nazionalisti locali, già attivi prima della guerra, sfruttarono infatti l’espansionismo di Tokyo per liberarsi di ogni influenza olandese. Prima della ritirata nipponica, il movimento di Sukarno e Hatta ottenne la concessione dell’indipendenza dagli invasori ormai sconfitti.Venne proclamata una Repubblica di tipo presidenziale, e sempre Sukarno riuscì a imporre una Costituzione fortemente unitaria, che sanciva la supremazia di Giava su tutte le altre isole dell’immenso arcipelago. Subito scattò la rivolta di Sumatra e Celebes che, viceversa, in epoca coloniale e con l’occupazione giapponese avevano goduto di ampia autonomia interna. Ma il rientro di forze militari olandesi e inglesi rese nulla la neonata indipendenza.

I “vecchi” colonizzatori europei non riconobbero le aspirazioni nazionali indonesiane, e pensarono di poter ristabilire facilmente lo status quo pre-bellico. Ma la situazione era ormai irrimediabilmente cambiata: le due componenti principali del nazionalismo indonesiano, quella marxista e quella islamica, insorsero sanguinosamente; mancava qualunque tipo di tendenza liberal-occidentalizzante capace di mediare tra le due parti in lotta (come invece sarà per tutte le ex colonie britanniche, a cominciare dalla Federazione Malese). I due maggiori partiti si identificarono naturalmente con le diversità territoriali. Il partito nazionalista di Sukarno non nascose le sue tinte marxiste e, come già detto in precedenza, la sua vocazione unitaria; ma ben presto fu aggirato e messo in minoranza da numerosi gruppi criptocomunisti.

La componente islamica espresse due partiti: il Masjumi e l’Ulema. Entrambi erano integralisti islamici e aspiravano all’istituzione di uno stato musulmano. Erano forti soprattutto a Sumatra, da sempre insofferente nei confronti del predominio giavanese (cuore, invece, dell’azione politica di Sukarno e dei comunisti).
Nel 1947 l’Olanda tentò un’azione di forza, senza successo. Fallì pure un tentativo di Unione Olandese-Indonesiano; tentativo che trovava fra l’altro l’aperta ostilità della Gran Bretagna, desiderosa di salvaguardare la propria preminenza politica e commerciale nel settore. L’intransigenza olandese, tesa a proteggere gli imponenti interessi economici che l’Aia ancora aveva in Indonesia, non fece che radicalizzare la situazione: ormai tutto il paese era pervaso da violente insurrezioni, con risvolti particolarmente drammatici a Celebes e a Sumatra. Sukarno riuscì a sconfiggere sia l’opposizione comunista che quella militare; ma quest’ultima finì per svelarsi come l’unica forza in grado di tenere in piedi un paese instabile e povero, privo di un ceto dirigente amministrativo. Sukarno quindi, pur reprimendola, dovette venire a patti con essa. Nel frattempo, la rottura dei negoziati su Nuova Guinea e Irian (1954) portò al congelamento dei rapporti con l’Olanda e al successivo rimpatrio di funzionari ed esperti occidentali. La crisi interna si aggravava.
Agli inizi degli anni Cinquanta, dunque, l’Indonesia era finalmente libera, definitivamente indipendente. Il prezzo da pagare, però, era stato troppo alto. Il paese si trovava in gravissime condizioni, sull’orlo del disastro.


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