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L'indipendenza indonesiana
Indonesia e indipendenza
L’aggressione nipponica del 1941 coinvolse l’intera Asia sud-orientale nel Secondo Conflitto Mondiale, e costituì un duro colpo al prestigio delle Potenze Coloniali Europee, alcune delle quali a loro volta erano state sconfitte e occupate dalla Germania nazista (Olanda e Francia).
All’inizio i Giapponesi furono accolti come liberatori; ben presto, però, rivelarono un volto colonialista ancora più spietato di quello degli europei. Dopo Pearl Harbour e l’entrata in guerra degli Stati Uniti (dicembre 1941), la furia della guerra si abbatté su tutta l’Asia senza risparmiare belligeranti e non. Furono anni di guerra e fame; si crearono illusioni ed aspettative che ben presto infrante avrebbero implicato inevitabilmente l’esasperazione dei movimenti nazionalisti tradizionali e la nascita di nuove forze politiche, strettamente legate al comunismo sovietico o cinese.
In alcuni paesi si organizzarono violente guerriglie anti-giapponesi; in altri, invece, si preferì la collaborazione con l’occupante nipponico in funzione anti-europea. In ogni caso, questo periodo confuso e brutale avrebbe segnato irrimediabilmente la storia di tutta l’area: cessata la guerra, infatti, le “forze di resistenza” e le “forze di collaborazione” si sarebbero unite contro il ritorno coloniale europeo, portando alla nascita di nuovi stati nazionali indipendenti.
Queste “liberazioni”, però, non furono un toccasana. I nuovi stati indipendenti ricevettero infatti una pesante eredità in termini di miseria, violenza, lotte etniche, rivolta contro il fantasma delle Potenze Occidentali colonizzatrici e imperialiste. Appoggiati prima dall’URSS e poi dalla Cina, non riusciranno ad esprimere formule alternative o validi programmi di sviluppo socio-economico. In tutto il Sud-Est asiatico l’Indonesia costituisce ancora oggi l’esempio più eloquente di questa decolonizzazione drammatica e incompiuta.
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